Abbiamo lasciato Okinawa per Kyoto. C’è poco da dire in un giorno di soli mezzi di trasporto: monorotaia, aereo, treno… Quindi, ecco alcuni aneddoti sul Giappone.
Okinawa è molto turistica. Come si può riconoscere un giapponese? È uno che non necessariamente tiene il broncio. Nel nostro hotel, molti ospiti asiatici erano in modalita “non mi piace nulla, io sono di Parigi”. Un po’ come a casa, insomma…
I giapponesi sono molto gentili, molto premurosi. “Sumimasen” (mi scusi) è una specie di virgola nella frase. Alcuni lo trovano ossequioso, ma penso che sia soprattutto una questione di civiltà. Le persone sono “inquadrate” in Giappone: c’è una persona per dare indicazioni tra il marciapiede e l’autobus (3 metri) e indicare come si sta seduti in autobus per ottimizzare il riempimento. Che di per sé è tutt’altro che stupido. Ci sono anche persone che vi indicano la strada per raggiungere la porta dell’aeroporto fuori dall’aereo. Le indicazioni sono giustificate per la sicurezza, ma sembra che siano stati assunti solo per guidare i Lemmings verso un dirupo da cui saltare.
Una delle specialità di Okinawa è la patata dolce … viola! E’ inoltre vietato esportare le piante. Se ne fa una purea che viene utilizzata per riempire delle crostatine vendute come delle piccole barchette Lu, ma un po’ più sexy. Strane, ma molto carine.
A Kyoto, Xim ha prenotato presso un clone dell’hotel dove siamo stati, circa due anni e mezzo fa a Tokyo: Sakura Honganji. E’ molto carino, è comodo ed è progettato perfettamente per il turista alla ricerca del periodo Edo, ma che non fa concessioni al comfort moderno. Legno, tatami, il futon tradizionale da fare da soli, le finestre oscurate da fogli di carta di riso, ma con l’aria condizionata, i servizi igienici high-tech e il Wi-Fi su tutti i piani.
Kyoto ci ha accolto con temperature meno assurde Okinawa: abbiamo scambiato 30° di umidità per… 25 ° di umidità.
Per domani, date alcune opportunità dell’ultimo minuto, cambieremo un po’ il programma.
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